Intervento della Consulta Universitaria di Topografia Antica in relazione al nuovo regolamento ANVUR per la classificazione delle riviste

La Consulta Universitaria di Topografia Antica ha preso atto della pubblicazione del nuovo regolamento ANVUR per la classificazione delle riviste approvato con Delibera del Consiglio Direttivo n.42 del 20/02/2019. A tale proposito propone alcune considerazioni su alcuni punti che non solo non hanno risolto le gravi criticità già segnalate più volte ma che al contrario hanno peggiorato ulteriormente la situazione.

Va premesso che è stato già più volte chiaramente spiegato nei documenti di Area 10 CUN che l’uso generalizzato delle valutazioni VQR per le riviste è del tutto improprio e che le valutazioni VQR sono necessariamente meno approfondite di quelle dei revisori degli articoli proposti alle riviste.

Procedendo in maniera schematica si può osservare quanto segue:

  • L’art. 5 c. 4. Prevede che non siano sottoposte a controllo le riviste per le quali gli articoli sottoposti a valutazione nell’ultima VQR abbiamo ottenuto una quota di valutazioni eccellenti. Questo implica che i direttori delle riviste sono invitati a scartare tutti i non strutturati: dunque pensionati, giovani ricercatori e colleghi stranieri. Per i pensionati la cosa è meno grave – per quanto privarsi di firme eccellenti abbasserebbe il livello della rivista – ma una rivista che taglia i giovani e l’internazionalizzazione è suicida. Inoltre come potranno i giovani pubblicare su riviste di fascia A per raggiungere le soglie previste dalla stessa ANVUR per accedere all’abilitazione?
  • 16 c. 4: il concetto è ribadito ma in maniera altamente contraddittoria: infatti “Gli autori dei prodotti pubblicati su riviste qualificabili come di Classe A devono essere in maggioranza studiosi strutturati presso Università o enti ed istituti di ricerca italiani e stranieri ovvero facenti parte del personale di ricerca delle suddette istituzioni ovvero dotati di prestigio nella comunità scientifica internazionale, manifestando altresì apertura e pluralismo in ragione della varietà dell’origine culturale e della matrice accademica degli autori. Si ribadisce cioè che pubblicano gli strutturati, ma poi si inseriscono gli stranieri che invece per principio andrebbero esclusi e si conclude con un pistolotto retorico sull’apertura e il pluralismo, che è bibliometricamente inverificabile e di fatto viene scoraggiato.
  • All’Art. 18 c. 5 si prefigura un algoritmo (l’ennesimo) incontrollabile che tenga conto:
  1. del numero dei contributi pubblicati sulla rivista che siano stati sottoposti a valutazione nell’ultima VQR disponibile, nonché dei relativi risultati;
  2. del rapporto tra i dati di cui alla precedente lettera a) e la media dei risultati conseguiti dalle riviste di Classe A dell’Area o Settore di riferimento;
  3. del numero dei contributi sottoposti alla rivista e il tasso di accettazione. Ai fini dell’accertamento della effettività del processo di selezione, l’ANVUR potrà richiedere documentazione relativa al numero di articoli sottoposti a valutazione, al numero di articoli respinti a seguito di decisione del Direttore, al numero di articoli respinti a seguito del processo di revisione.

Il sottocomma c. inoltre prefigura un potere ispettivo da parte dell’Anvur del tutto sproporzionato, che interferisce pesantemente con la politica culturale delle riviste. Si ha infatti in mente il modello delle grandi riviste Elsevier dove il processo è del tutto spersonalizzato, mentre le riviste italiane di solito hanno un gruppo di redattori che si preoccupa di fare già una preselezione o di invitare colleghi a scrivere su determinati temi, dunque il discorso sul numero di articoli sottoposti a valutazione non ha semplicemente senso. Quanto alla percentuale di respingimento l’Anvur ha evidentemente un modello in mente: quello del paradossale Journal of Universal Rejection http://www.universalrejection.org/. Infine è evidente che il conteggio degli articoli rifiutati come indicatore di rigore scientifico ha una serie di gravissime controindicazioni non ultima l’impossibilità di distinguere tra articoli scartati per scarso valore scientifico e quelli rifiutati per mancanza di spazio o di fondi.

  • La situazione è ulteriormente peggiorata dall’Art. 9, che rende ancora più vincolanti le norme sulla peer review mettendo praticamente in mano la rivista ai revisori, perché non si vede che cosa possa più fare il comitato scientifico o il direttore se non forse respingere qualche articolo per innalzare il rating. Al c. 6 infatti si prevedono poteri di inquisizione da parte dell’ANVUR, che “potrà richiedere le schede relative alla peer review dei contributi o fascicoli pubblicati in almeno uno degli anni compresi nell’arco temporale oggetto di valutazione rendendole, ove necessario, opportunamente anonime.”

Tutto ciò oltretutto rende eclatante la discriminazione tra riviste italiane e straniere, alle quali nulla di ciò è applicabile. Si potrebbe chiedere all’ANVUR come si può attribuire la fascia A a una rivista straniera in mancanza di tutta questa serie di elementi di giudizio, perché a rigor di logica tutto il resto del mondo dovrebbe essere escluso non potendo essere controllato. Il regolamento fa emergere con chiarezza un provincialismo che rischia di ghettizzare la produzione scientifica italiana in un recinto di formalismo esasperato oltre ogni limite. Dovrebbe invece essere un principio elementare che finché siamo in Europa, si dovrebbero adottare prassi di valutazione uniforme che siano del tutto indipendenti dalla nazionalità della rivista.

Questo regolamento sta innescando una riflessione drammatica nelle redazioni scientifiche delle riviste italiane  e si colloca sullo sfondo di una guerra interna al ministero di cui la scienza italiana paga le conseguenze.

Il tema è importante e richiede una riflessione approfondita comune per arrivare posizioni forti che manifestino con estrema chiarezza il dissenso della comunità scientifica su questa deriva inquisitoria e algoritmica, che nulla ha a che fare con la qualità.

 

Paolo Liverani

Presidente della Consulta di Topografia Antica

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